The Disciple Regista: Chaitanya Tamhane
The Disciple
Regista: Chaitanya Tamhane
Cast: Aditya Modak, Arun Dravid, Sumitra Bhave, Deepika Bhide Bhagwat, Kiran Yadnyopavit, Abhishek Kale, Neela Khedkar, Makarand Mukund, Kristy Banerjee, Prasad Vanarse
Provenienza: India
Anno 2020
Autore recensione: Roberto Matteucci
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“Se intraprenderai questa strada conoscerai solitudine e fame.”
La musica indiana ha una tradizione antichissima. Ha mantenuta una base melodica a differenza di quella occidentale, variata negli anni in armonica.
L'India è una nazione variegata, ricca di culture e con un pensiero filosofico, religioso vastissimo. Nella civiltà millenaria, la musica è stata esaltata diventando una potenza intellettuale incomparabile.
Questa arcaica memoria rende la musica peculiare, estesa nell’intera società indiana:
“Così la vita indiana è piena di musica, in tutti gli strati popolari. La vita indiana è piena di musica in tutti gli strati e livelli. La musica classica è, quindi, cresciuta da questa terra feconda e, a sua volta, è rifluita in quel suolo. Questo è vero non solo per gli elementi e le forme musicali, ma anche per gli strumenti.” (1)
L'India è il paese della musica, ha una importanza fondamentale, attecchisce la popolazione in ogni strato. La musica è popolare, umana, spirituale, allegra, come le colonne sonore di Bollywood.
“In sostanza, un raga è uno schema melodico governato da alcune regole tradizionali, ma che fornisce una grande libertà di 'improvvisazione. Queste regole definiscono e determinano le note di una scala che dovrebbe essere usata, il loro ordine, i linguaggi melodici prominenti e necessari che danno un particolare "colore" allo schema. Sulla base di queste limitazioni. più o meno rigide, il musicista è libero di creare e qui sta il suo genio. (2)
Il genio artistico è nell'improvvisazione. È la caratteristica talentuosa al servizio dei cantanti e dei musicisti. È una grande opportunità, ma non è una facilitazione, non è un vantaggio. In realtà, la musica scritta, come in occidente, consente di avere regole segnate, stabilite ma è anche una limitazione. Invece, per il cantante indiano ogni performance è unica, esclusiva, irripetibile.
Questi elementi consegnano la musica indiana a una dimensione mondiale, la conclusione è una peculiarità intellettuale:
“… non solo l'orgogliosa eredità di questo subcontinente ma del mondo intero. Perché senza dubbio è uno dei sistemi musicali più evoluti e sofisticati della società umana.” (3)
La musica classica indiana si divide in due segmenti, essenzialmente geografici. Quella carnatica [Carnatic music] sviluppata nel sud dell'India, principalmente nel Tamil Nadu, Kerala, Andhra and Karnataka. Nel nord è diffusa quella Hindostani.
La musica indiana è un dono prezioso, trasmesso oralmente dai maestri a discepoli devoti.
I seguaci sono deferenti, rispettosi dei loro precettori e della musica, alla quale consacrano la vita nonostante le difficoltà e la miseria dei guadagni.
Racconta la storia di un giovane innamorato della musica classica, il regista indiano Chaitanya Tamhane nel film The Disciple, presentato alla 77° Mostra Internazionale d'arte cinematografica di Venezia, vincitore del Leone d’Oro per la migliore sceneggiatura. Uno dei produttori esecutivi è il regista messicano Alfonso Cuarón. Fra i due cineasti è cominciata una relazione cerebrale con scambi professionali intensi.
Per Chaitanya Tamhane è la seconda opera. La prima fu Court, anch'esso al Festival di Venezia nel 2014. Il film è una vivace rappresentazione dell'India vista in un’aula di tribunale.
Mumbai, nel 2006. Sharad Nerulkar ha ereditato dal padre l'amore per la musica classica. Si dedica soltanto allo studio e all'esercizio. Il suo insegnante è l'anziano e malato Guruji. Mentre la sua musa è la leggendaria Sind Hubai Maai, amata fino all'esaltazione. Alla morte ha lasciato solamente una registrazione di tecnica e stile, ascoltata da Sharad all'infinito.
Nell’arte, lo studio non basta. Se il talento è limitato, non è sufficiente studiare o passare ore provando. Sharad lo intuisce e troverà un'altra soluzione più realista.
Le tesi sono numerose, ingegnose e sensibili.
La musica classica indiana circonda la vita con una l’atmosfera soffice e raffinata. Non è un argomento semplice per gli occidentali, ci sono variegate sfumature. Il fascino è universale. Sfumature teoriche e pratiche, così le chiama l’autore:
“Ci sono un sacco di complessità e sfumature nel loro mondo. C'è un lato teorico e poi un lato pratico delle cose.” (4)
È un film sul talento. Chi non vorrebbero averlo? ma sono alcuni lo posseggono.
È un film sul rapporto maestro e mentore. Il tema è sottolineato, nelle interviste dal regista, come una interpretazione allegorica. Il sodalizio fra un allievo e il suo educatore riguarda qualsiasi attività, sia artistiche, sia profane. Lo descrive come un caso personale, raccontando le devozioni nate anche nel cinema fra i cineasti emergenti e i loro stimati e maturi guru.
“È anche una storia personale per me” dichiara Chaitanya Tamhane:
“È anche una mia storia personale, nel senso che ciò che sta accadendo nella musica classica indiana, oggi non è diverso da ciò che sta accadendo in altre forme d'arte, come il cinema. Sebbene il cinema sia un mezzo molto più giovane, improvvisamente nel 21° secolo, il suo mecenatismo, il suo pubblico, il modo in cui viene consumato, la sua rilevanza nella cultura pop, sono questioni rilevanti anche per la musica classica indiana. Ad esempio, molte cose nella musica classica indiana non sono più rilevanti o vere, come il guru-shishya parampara. [tradizione studente-insegnante].” (5)
Il protagonista principale è Sharad Nerulkar. Ha 24 anni. La sua vita è contrassegnata dal legame con il padre. I flash back dei loro privati incontri sono momenti sentimentali, il figlio lo ascolta con totale venerazione, eliminando ogni forma di giovanile ribellione, accettando, pienamente e liberamente, gli insegnamenti del genitore.
È un personaggio emotivo, descritto benissimo dallo sceneggiatore, lo stesso Chaitanya Tamhane, meritandosi il premio del festival di Venezia.
“Ma è anche un film emozionante. È universale nonostante sia ambientato nel mondo della musica classica indiana. Potrebbe riguardare anche un poeta, un pittore, un atleta. Copre anche tre decenni, quindi ha una natura epica.” (6)
L’impulsività lo mostra come un essere umano con molte sfaccettature.
Sicuramente, è un po’ antipatico; l'adorazione per la musica lo blocca. Se gli altri non hanno un uguale fervore, sono allontanati, rendendolo irascibile.
È invidioso del successo degli amici, tutti lo superano negli esami e non ne comprende la ragione.
Ma è una persona buona e disponibile. Guadagna poco e fa vita ritirata, ma non è un difetto. Il denaro gli è insignificante anzi, con i pochi soldi aiuta il maestro sofferente.
Non è ingrato, non è meschino, non è debole e ancor meno soffre di accidia, infatti lavora intensamente, fino a dimenticare di telefonare alla madre.
È orgoglioso, ha una elevata autostima, ma è fedele. È umile e affezionato al maestro.
È intelligente. Molto intelligente. A quaranta anni cancella gli errori, comprendendo le sue modeste qualità musicali. Durante un concerto interrompe la sua esibizione, intuisce in quel momento, di essere un medio musicista, ma non vuole essere un mediocre, pertanto preferisce rinunciare. È un atto d’amore per la musica, solo i migliori possono avvicinarsi, e non essendolo è meglio ritirarsi
Anzitutto ha sofferto tanto. Il desiderio per la musica era illimitata e gli provocava un forte dolore, visibile nei gesti quotidiani.
Le scene con le quali delinea il personaggio.
La musica classica. La prima sequenza è un concerto in una sala, ripresa da una camera fissa. Campo lungo, musica, il pubblico con le mani tiene il tempo. Zoom sull'orchestra, un vecchio canta, è il maestro Guruji. L'inquadratura si sposta su un ragazzo è Sharad. Match su di lui per ritrovarlo a gambe incrociate a casa, canta suonando il sitar.
La devozione. In campo lungo massaggia la schiena stanca del precettore. La camera indugia sulla debolezza e la decrepitezza dell’anziano. È la caducità della vita e l’affetto per l’insegnante.
L’invidia. Nel 2006 partecipa a un concorso. È preparato, ha studiato incessantemente, è concentratissimo, si compra una tunica adegua. La tensione è assoluta. Ma perde. La delusione è in quel attimo di ritardo con cui applaude il vincitore
L’ira. Il celebre critico snobba la mitica Maai. Disinteressandosi dell’opportunità di lavoro, indignato, gli lancia in faccia il contenuto del bicchiere.
Il padre. Flash back, entrambi sono seduti a uno spettacolo. Le loro mani si muovono all’unisono a seguire la musica.
La leggenda. Maai è la fonte della musica. La venera. Ma ha lasciato solo delle vecchie cassette. Il regista utilizza un linguaggio particolare per far arrivare la sua filosofia allo spettatore. Sharad è in moto di notte, gira per le strade di Mumbai. Appare incerto su dove andare, è un girovagare rilassante. Pure nel bighellonare, la sua mente ha una monolitica funzione: pensare alla musica. Sharad vaga senza metà e la voce fuori campo di Maai, con i discorsi sulla finalità della musica e la sua inconcepibile bellezza, sono la colonna sonora.
La sessualità. L'esistenza di Sharad oltre la musica è minima. Non ha tempo per altro. Non parla con la madre, è distante dalla famiglia. Gli piace una amica, goffamente allunga la mano per toccargliela, ma è vergognosamente respinto. Perciò, si rinchiude ancora su sé stesso, scatenando le sue pulsione sessuali esclusivamente in durevoli sessioni onaniste di fronte al computer. Questo è il suo unico sfogo.
Il compromesso. Una collega di studi accetta dei compromessi nel linguaggio musicale, penetrando, con una modernità commerciale, l’ortodossia della loro scuola. La ragazza diventa famosa, ricca, viaggia per il mondo. Sharad è sbigottito e disgustato. Respinge ogni cedimento. La scena emblematica avviene successivamente. È docente di musica, ha una classe di studenti. Uno di essi va a chiedergli il permesso di suonare con gli amici in una band popolare. Sharad acconsente sdegnato e contemporaneamente lo offende, cacciandolo dal corso, causando le urla della madre.
La maturità e la consapevolezza. Stacco nero. È su un treno. Ora ha quaranta anni, una bella moglie, una bambina. Dopo la fuga dal concerto, la coscienza di non avere doti musicali, è riuscito a sfruttare in altra maniera la sua predilezione. Come il padre, inizia a scrivere libri e distribuire cd. È la saggezza dell’età, ma nello sguardo, nell’interviste, l'entusiasmo adolescenziale è sparito.
La sceneggiatura, la fotografia tersa, le descrizioni psicologiche, la metafora rende il film speciale e globale. Il soggetto ha una componente etica: il bene prevale. Il bene è l’amorevolezza e la devozione di Sharad, il quale non è mai egoista ma solo altruista.
La storia è sublimazione, i comportamenti, le passioni sono religiose e spirituali fino a elevarsi a essere poetiche.
Il regista usa i flash back per puntualizzare la psicologia padre e figlio, e raggiunge nel finale un logico futuro.
Tecnicamente il film è caratterizzato da due fattori.
Il montaggio. Con dei piani sequenza lunghi:
“Il modello di montaggio di questo film era molto diverso da quello di Court, ma poi cambia con esigenze della storia. Ma è vero che in genere mi piacciono le riprese ininterrotte, i campi lunghi.” (7)
È la lentezza, trasformatasi in poesia e musica:
“Ora il cinema è il suo mezzo. Così la musica classica, che ha i suoi modi, doveva essere personalizzata e fatta su misura per particolari sequenze e contesti narrativi. Non volevo che la musica si sentisse affrettata nelle sequenze in cui i musicisti si sarebbero esibiti.” (8)
Non bisogna far fretta alla musica, deve fluire apertamente per il tempo necessario, indipendentemente dalle esigenze e dal ritmo del film.
“Ci sono circa cinque o sei sequenze di musica nel film, e volevo che modellasse il paesaggio sonoro del film e informasse lo spettatore su ciò che stava accadendo esattamente. Le singole unità musicali dovevano lavorare nel loro complesso. L'idea era di mostrare il viaggio di un raag verso la grande economia.” (9)
La bravura è nell’abbracciare con una musica nobile, gli eventi della vita, perfino quelli tristi come la senilità e la morte.
Le cinque o sei sequenze di musica, libere nel tempo, avvolgono e forse distraggono i personaggi, ma non c’erano altre soluzioni.
Il film non è facile, richiede attenzione e innanzitutto una mente aperta. Inoltre, c'è una problematica comparativa, la differenza fra due filosofie. Ma non sono gli autori indiani a doversi conformare al nostro gusto, essi hanno un loro logico cammino.
Ha ragione Chaitanya Tamhane, in un’intervista interviene sulla complessità e le ambiguità occidentali per il loro cinema:
“Beh, non è del tutto vero. Il fatto è che non facciamo film per la conferma internazionale, o necessariamente per l'occhio occidentale. Facciamo quello in cui crediamo, e poi speriamo nel pubblico, e che trovi il favore del pubblico. The Disciple e il mio precedente film Court, sono entrambi ambientati in un contesto culturale così specifico, che certe sfumature e sottotesto solo un pubblico indiano sarà in grado di capire e rispondere. Una cosa però è vero - senza il riconoscimento internazionale, è difficile ottenere l'attenzione in questo paese (India). Questo è un po' complicato e un po' triste, che abbiamo bisogno di estranei che per primi ci dicano 'questo è un bene' per la gente di qui. E non sto parlando solo del mio film, ma di qualsiasi regista indiano indipendente.” (10)
“We do what we believe in” sono le assennate parole del regista. Lo chiarisce esattamente, The Disciple ha, per motivi culturali intimi, una chiave di lettura sfuggente in Europa, ed è vero. Però, il cinema indiano ha una superiorità autonoma e non deve essere giustificato ovvero capito: ”Questo è un po' complicato e un po' triste, che abbiamo bisogno di estranei che per primi ci dicano 'questo è un bene' per la gente di qui.” “That is kind of tricky and a bit sad, that we need outsiders to first tell us ‘this is good’ for people here to realise.“. Altri devono eliminane le scorie del nostro pensiero egocentrico. Per questo, The Disciple è bello, non perché ha vinto un premio a Venezia, ma perché la sapienza dell’autore ha una libertà e valorizzazione difficile da trovare in altri mercati.
“Thus Indian life is filled with music at all strata populace. Indian life is filled with music at all strata and levels. Classical music has, then, grown out of this fecund earth and in its turn flowed back into that soil. This is true not only of musical elements and forms but also of instruments.” Traduzione dell'autore da Indian Music, Bigamudre Chaitanya Deva, New Age International (P) Limited, Publishers, New Delhi
“In essence, a raga is a melodic scheme governed by certain traditional rules, but providing a great freedom for improvisation. These rules define and determine the notes of a scale that should be used, their order, prominent and necessary melodic idioms which givea particular 'colour' to the scheme. Based on these more or less strict limitations, the musician is free to create and herein lies his genius.” Traduzione dell'autore da Indian Music, Bigamudre Chaitanya Deva, New Age International (P) Limited, Publishers, New Delhi
… not only the proud legacy of this subcontinent but of the whole world. For without doubt it is one of the most highly developed and sophisticated musical systems of human society.” Traduzione dell'autore da Indian Music, Bigamudre Chaitanya Deva, New Age International (P) Limited, Publishers, New Delhi
”There are lots of complexities and nuances in their world. There’s a theoretical side and then a practical side of things.” Traduzione dell’autore da https://scroll.in/reel/969440/an-emotional-universal-film-chaitanya-tamhane-on-venice-bound-the-disciple
“It’s also a personal story for me, in the sense that what’s happening in Indian classical music today is not different from what’s happening in other art forms like cinema. Although cinema is a much younger medium, suddenly in the 21st century, its patronage, its audience, how it’s being consumed, its relevance in pop culture, are issues relevant to Indian classical music as well. For example, many things in Indian classical music are no longer relevant or true, like the guru-shishya parampara. [student-teacher tradition].” Traduzione dell’autore da https://scroll.in/reel/969440/an-emotional-universal-film-chaitanya-tamhane-on-venice-bound-the-disciple
”But it’s also an emotional film. It is universal despite being set in the world of Indian classical music. It could be about a poet, painter, athlete as well. It also spans three decades, so it has kind of an epic nature.” Traduzione dell’autore da https://scroll.in/reel/969440/an-emotional-universal-film-chaitanya-tamhane-on-venice-bound-the-disciple
“The editing pattern of this film was very different from that of Court, but then that’s according to the demand of the story. But it’s true I generally like uninterrupted takes, wide shots.” Traduzione dell’autore da https://indianexpress.com/article/entertainment/entertainment-others/alfonso-cuaron-helped-me-find-my-voice-chaitanya-tamhane-6540990/
”Now film is its own medium. So classical music, which has its own ways, had to be customised and tailor-made for particular sequences and narrative contexts. I did not want the music to feel rushed in the sequences where the musicians would be performing.” Traduzione dell’autore da https://scroll.in/reel/969440/an-emotional-universal-film-chaitanya-tamhane-on-venice-bound-the-disciple
”There are about five to six sequences of music in the movie, and I wanted them to shape the film’s soundscape as well as inform the viewer about what exactly is happening. The individual units of music had to work as a whole. The idea was to show the journey of a raag to great economy.” Traduzione dell’autore da https://scroll.in/reel/969440/an-emotional-universal-film-chaitanya-tamhane-on-venice-bound-the-disciple
“Well, that’s not entirely true. The thing is, we don’t make films for international validation, or for the Western eye necessarily. We do what we believe in, and then hope for an audience, and that it’ll resonate with people. The Disciple and my previous film Court, both are set in such a specific cultural context, that certain nuances and subtext only an Indian audience will be able to understand and respond to. One thing though is true — without international recognition, it’s difficult to get attention in this country (India). That is kind of tricky and a bit sad, that we need outsiders to first tell us ‘this is good’ for people here to realise. And I am not talking about just my own film, but any independent Indian filmmaker.” Traduzione dell’autore da https://www.hindustantimes.com/bollywood/the-disciple-director-chaitanya-tamhane-without-international-recognition-it-s-difficult-to-get-attention-in-india/story-Ym7eratsYiz6oiBBsdXvRK.html